Menu Chiudi

Se di geometrie morali

Gli argini delle credenze individuali nostre invogliano contatti con Ravasio pittore a registrazione di concettuali modulazioni imbevute di stasi, sospensione, generazione, fissità, intersecazione; di posizioni per e nello spazio. Negli anni vediamo emergere modelli euclidei con rappresentazioni (in qualche caso vettori?) precise, magari subito non definibili, se non in termini semplicistici spesso o purtroppo legati solo al visivo e quasi per nulla al pensato.
Luigi Ravasio torna dall’aver stabilito la collocazione di archetipi che vivono e si relazionano prevalentemente con lo spazio; sotto il dimensionale serpeggia però un qualcosa di etico.
L’ oggetto e lo spazio attorno, definito o meno, sono subito visti; non cosi le spinte al significato.
L’affacciarsi di pensieri morali (magari indipendentemente dalla pittoricità) può essere esemplificato con:
– tendere verso,
– modificarsi durante un percorso da raggiungere,
– slegarsi o relegare,
– suscitare un moto, anche d’animo, un’ apprensione.
Tale visione di un mondo da decifrare attraverso simbologie spaziali, ma non solamente e del tutto materiche, addiziona categorie in cui contrasto, accompagnamento, separazione si accendono di una luce etica. Un discorso metaforico di presumibili geometrie morali accentua la tensione dell’uomo a sabotare ogni costrizione (anche matematica). Nei vari periodi di Ravasio conosciamo le raffinatezze sottese di tipo teorico che fanno convergere l’attenzione su strisce non d’argomento, bensì di pretesto.
Questi filamenti d’uomo, appeso al suo conoscere, attanagliano, seviziano, costringono, modificano, condannano a seconda delle nostre capacità di dimostrare il contrario. È indubbia un’ironia sul meraviglioso modo di far pittura se si tratta dell’isomorfismo della struttura di spazi topologici. I richiami allora vengono dalla matematica come dalla fisica, perché evocano oggetti e rapporti che legano il significato allo spazio, il parlare al vedere stabilito, all’ essere quantificabile.
Per la gioia dei luoghi comuni potremmo notare studi sulle proprietà delle figure, sugli omeomorfismi.
Ancora più facile sarebbe far dilagare la parola verso l’ interpretazione di oggetti pittorici con il tendente al tondo armonico o allo spigoloso, senza concessione agli accavallamenti.
E ancor di più rimenare pittura tonale (dove c’è), simbolismo, costruttivismo e tanti altri richiami; solleciti noi nel rimandare la comprensione al paragone e al sedimen- tato storico.
A recupero invece dei toni morali – anche se il termine non nell’ortodossia – nelle tele di Ravasio [perché parliamo di pittura] guardiamoci, svelati da scuse conoscitive o mercantili in senso lato, il rifiuto dell’epidermico in zone espressive potrebbe diventare talmente consolidato da non aver sempre bisogno di una laguna per stare a galla.
Monte Argentario, 2 agosto 1990